L’Italia è un paese di straordinaria bellezza ma, purtroppo, anche di vulnerabilità sismica. Con più di 18 milioni di edifici residenziali a rischio, l’urgenza di una soluzione è lampante e non può essere ignorata. Questo ha spinto diverse istituzioni a prendersi l’onere di sensibilizzare l’opinione pubblica e a pianificare interventi fondamentali per difendere la vita delle persone e il patrimonio architettonico. Durante la Settima Edizione della Giornata Nazionale della Prevenzione Sismica, è emerso che per mettere in sicurezza gli edifici italiani ci vorrebbero investimenti significativi e costanti nel tempo. È il momento di agire per assicurare un futuro più sicuro.
Quando si parla di terremoti in Italia, non si può non tenere conto della storia. I dati non mentono: dal devastante terremoto del Belice nel 1968 a oggi, le spese per affrontare emergenze sismiche e ricostruzioni hanno superato i 135 miliardi di euro. Sono cifre enormi eppure, nonostante questa ingente somma, le cicatrici lasciate nel tessuto sociale ed economico dei luoghi colpiti continuano a essere evidenti. Le conseguenze dei terremoti si protraggono ben oltre la loro devastante scossa iniziale.
L’analisi presentata durante l’evento ha rivelato che le aree colpite da questi eventi sismici affrontano difficoltà che rallentano la loro ripresa. Un significativo esempio è il calo del PIL nei comuni devastati: nel Belice, il declino è stato del -2,8%, mentre l’Irpinia ha visto un calo ben peggiore, attorno al -12%. Non è solo un problema di economia: la disoccupazione nelle zone colpite ha raggiunto livelli allarmanti, con tassi che si aggirano intorno al 25,50% nel Belice e 27,30% in Irpinia, segnando un netto contrasto con il resto d’Italia, dove la disoccupazione si attesta attorno al 5,8%.
Nonostante questi dati preoccupanti, il Friuli è emerso come faro di speranza. La sua esperienza dimostra che, con una ricostruzione ben pianificata, è possibile trasformare la tragedia in un’opportunità. L’area ha attraversato una metamorfosi economica da un’industria agricola a un’economia moderna e industrializzata, dimostrando che la pianificazione e la progettazione attenta possono portare a risultati positivi anche dopo le avversità.
Analizzando più da vicino la situazione del patrimonio edilizio italiano, ci si accorge di come la situazione sia tutt’altro che sostenibile. Circa 12 milioni di edifici residenziali sono stati costruiti prima del 1971 e non hanno alcuna misura antisismica adeguata. Questo è un dato allarmante, considerando che solo meno del 3% degli immobili è stato edificato dopo il 2008, anno in cui le normative tecniche hanno iniziato a diventare più severe. La mancanza di prevenzione e di strutture adeguate rende il nostro patrimonio architettonico vulnerabile a ogni scossa. Gli edifici più fragili non solo mettono a rischio la vita delle persone ma compromettono anche la storia e la cultura di un’intera nazione.
La consapevolezza di queste vulnerabilità deve spingere verso azioni concrete. Persino interventi semplici possono fare la differenza tra la vita e la morte. Una campagna di sensibilizzazione rivolta ai cittadini, unita a incentivi per migliorare la sicurezza degli edifici, risulta fondamentale per garantire un livello di protezione accettabile. La governance, anche a livello locale, deve impegnarsi a informare e educare i cittadini sui rischi e sulle migliori pratiche per difendersi.
In questo contesto così complesso, emergono iniziative come quella del ministro Nello Musumeci, che durante l’evento ha annunciato un programma nazionale per la prevenzione sismica, con una prima disponibilità di 250 milioni di euro, destinati a garantire la sicurezza per almeno dieci anni. La dichiarazione di Musumeci pone l’accento sull’importanza della prevenzione strutturale: “è fondamentale che la prevenzione del rischio sismico diventi una priorità per qualsiasi governo futuro,” ha ribadito. Investire in prevenzione non solo protegge vite e beni culturali, ma stimola anche un’economia che possa guardare al futuro con maggiore fiducia.
Oltre a questione di fondi, c’è un’esigenza urgente di pianificazione: come fanno notare diversi esperti, come Angelo Domenico Perrini, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri, la mancanza di un piano organico rende gli interventi sporadici e poco efficaci. La spesa per emergenze dal 1968 a oggi è significativa, ma l’assenza di un approccio sistematico lascia molte zone ignorate o trascurate. L’Italia ha bisogno di un piano concreto che stabilisca priorità e azioni chiare, basato sulle caratteristiche specifiche e sui livelli di rischio dei singoli territori. Solo così sarà possibile sperare in un cambiamento duraturo e reale nella sicurezza sismica del paese.