Mio padre desiderava morire, ma l’ospedale ha negato: ora l’Asl dovrà risarcire la famiglia

La battaglia di un famiglia

La figlia di Claudio de’ Manzano, Giovanna Augusta de’ Manzano, non si è arresa e si è fatta nominare amministratrice di sostegno del padre. Questa decisione è venuta in seguito al ricovero del padre all’ospedale di Cattinara, dove il loro rapporto padre-figlia si è trasformato in una lotta. Claudio, malgrado la sua condizione, ha espresso in modo chiaro il desiderio di non ricevere trattamenti che non desiderava, eppure la sua volontà è stata ignorata. Le parole di Giovanna, raccolte dall’associazione Luca Coscioni, echeggiano forti: “Mio padre voleva morire e l’ospedale non glielo ha consentito.” Il ricorso presentato dalla donna ha messo in luce una palese violazione del diritto all’autodeterminazione, come previsto dalla legge sul fine vita.

La determinazione della figlia ha messo in evidenza non solo il legame affettivo tra genitore e figlia, ma anche la battaglia più ampia per i diritti dei pazienti. La gestione della vita e della morte è un tema delicato che tocca le corde più profonde dell’essere umano. Come si può vedere, la lotta di Giovanna non è solo una questione personale; è simbolica per molte altre persone che ogni giorno si trovano di fronte alle stesse inquietanti domande: chi ha il diritto di decidere su di noi? E chi, se non noi stessi, deve sapere cosa sia meglio per la nostra vita?

Giudizio che fa storia

Il tribunale di Trieste ha emesso un giudizio che ha cambiato il destino di questa vicenda, riconoscendo la violazione del diritto all’autodeterminazione. L’azienda sanitaria Asugi è stata condannata a risarcire i figli di Claudio per un totale di 37.000 euro, di cui 25.000 per danni morali e 12.000 per spese legali. Questa sentenza ha segnato un punto cruciale per il diritto alla scelta nella vita e nella morte.

Il tribunale non ha solo riconosciuto il torto inflitto alla famiglia de’ Manzano, ma ha anche evidenziato il profondo impatto emotivo che la decisione di non rispettare il volere di Claudio ha causato, creando in lui “un senso di impotenza e di frustrazione”. La dignità della persona, affermano i giudici, deve sempre essere rispettata, e il diritto di un individuo di decidere come affrontare la propria esistenza è sacro e non può essere violato senza conseguenze.

Un trionfo per i diritti personali

La sentenza emessa rappresenta una sorta di trionfo per i diritti individuali, non solo per la famiglia de’ Manzano, ma per tutti coloro che si trovano a dover lottare per far valere le proprie volontà in ambito sanitario. Le parole di Giovanna sono state chiare: “Questa decisione rende giustizia anche a tutti coloro che quotidianamente non vengono rispettati nelle loro ultime volontà sanitarie.” Un’affermazione potente che fa riflettere. L’associazione Luca Coscioni ha sottolineato l’importanza di questo caso, evidenziando come esso rappresenti un passo in avanti significativo per il riconoscimento dei diritti di ciascun cittadino riguardo alle decisioni sulla propria vita e sul proprio corpo.

Questa vicenda mette in luce la complessità del mondo sanitario e la necessità di un dialogo aperto sui diritti del paziente, specialmente in situazioni così critiche come quelle vissute dalla famiglia de’ Manzano. In un contesto in cui le scelte di vita e di morte si intrecciano, è fondamentale garantire che ogni voce sia ascoltata e ogni desiderio rispettato. La battaglia di Claudio e di sua figlia, così difficile e straziante, si fa simbolo di una lotta più grande per il diritto ad essere ascoltati e rispettati, in ogni fase della propria vita.

Published by
Ludovica Rossi